Palazzetto del ghiaccio – Ex Frigoriferi Milanesi – Milano

Due grandi edifici che erano industriali e fuori scala, raggiunti, nel tempo, dalla città, dal centro. Introversione ed estroversione, nella città. Il riscatto della bruttezza degli edifici grigi e rifiutati. Il rosso e il nero. Il colore e la riflessione, la luce e il buio. Pochi segni, quasi grafici, circondati dall’inchiostro. Un cuore nascosto e luminoso, sottoterra. Poi, il bianco totale e la decorazione. Per un po’ di tenerezza dopo la violenza del riscatto di tanto grigio cittadino!

Building type: Alberghi e Strutture Ricettive Pubbliche, Grande architettura,

Località: Italia, Milano,

Collaboratori: Simonetta Cenci, Raffaella Francesca Pirrello, Francesca Calcagno, Stefania Bracco, Sara Gottardo, Francesca Recagno, Sara Massa, Ilaria Sisto, Sara Traverso,  Francesca Ameglio, Lorenza Barabino
Impresa costruttrice: Ausglobe Formula Spa
Committente: Galotti Spa
Superficie edificata: mq 5.600
Prodotto Model System Italia: Tende a rullo oscuranti MS125

A proposito del progetto

Il progetto del Palazzo dei Frigoriferi Milanesi muove i suoi passi alla riscoperta del volume esistente, alla sua prossima metamorfosi, da oggetto introverso a edificio urbano che dialoga con la città, con il territorio. Tutto si genera dai movimenti delle persone che, appena varcano la soglia di via Piranesi 10, entrano in un mondo fatto di edifici estremamente eterogenei e quasi fusi l’uno nell’altro. La strada urbana lasciata alle spalle dopo aver superato la linea di confine tra la città e l’area di “massima sicurezza”, continua ad accompagnare, con il suo carattere di infrastruttura, rendendo ambiguo e attraente questo luogo fatto di contraddizioni e forze evocative (la stecca, il Palazzo del Ghiaccio, il sistema di rampe, verso il caveau e verso l’ingresso a sud del Palazzo dei Frigoriferi). L’intervento consiste nella riqualificazione dell’intero complesso. Il fronte su via Piranesi, grazie al suo sviluppo di circa 100 metri, gioca prospetticamente e come una grande freccia indica l’ingresso al comparto diventando elemento di comunicazione “Plug Building” delle attività che si svolgono all’interno dell’area. La banalità e la mancanza di carattere dell’edificio basso e lungo viene enfatizzato da due semplici operazioni: la “bagnatura” del lingotto grigio in un bagno nero petrolio, un blob che investe tutto: muri, serramenti, profili, cercando di annullare tutto ciò che potrebbe costituire ragionamento architettonico ed elevando il volume a buco nero da cui venire risucchiati; e la sovrapposizione di una nuova “pelle-pellicola”, di vetro, lucida, che gioca cromaticamente con la monotona geometria del prospetto sottostante, che scontorna il volume rendendolo bidimensionale e crea un “effetto notte”.
Il progetto di trasformazione del retrostante Palazzo del Ghiaccio prevede la trasformazione dell’ampio spazio sotto la copertura in acciaio in uno spazio polivalente per accogliere eventi e manifestazioni. Gli interventi si concentrano sui due volumi addossati al palazzo: foyer, bar e ristorante, spazi espositivi sono concepiti come gallerie che si affacciano sul suggestivo spazio centrale.
Veniamo al Palazzo. Il monolite. Un oggetto urbano sordo e potente. Un retro che diviene prospetto principale a sud, un fronte su via Piranesi che diverrà skyline, sin- tesi di una stratificazione funzionale: le attività di Open Care spa.Il Palazzo riscoprirà la sua natura, la sua forma attraverso un lavoro di sottrazione (la gola scenografica di collegamento ai piani, le aperture continue all’ultimo piano) e di addizione (un sistema di scale esterne complete di ballatoi – terrazze, che si arrampicheranno sino al quarto piano). Il Palazzo manterrà la sua indole introversa, significato delle attività di custodia e dei servizi per l’arte che in maniera discreta verranno sviluppati per i primi tre livelli. Un nuovo manufatto con funzione di collegamento, una “gola” lucida, specchiante, a geometria variabile, costruita con una tecnologia navale, è stata pensata per introdurre i fruitori dei servizi Open Care all’interno dell’edificio. Il suo corpo si manifesterà in un vuoto di oltre venti metri, che si potrà risalire con un sistema leggero e completamente trasparente attraverso due nuovi impianti ascensore, due “custodie” in vetro su un muro che disarticola su un unico piano pulegge, contrappesi, funi, per sfociare quindi al quarto e ultimo livello, pensato come uno spazio unico, perimetralmente aperto a nord, sud, est ed ovest, dove saranno ubicati gli uffici logistici dell’attività e lo spazio espositivo, oltre ad un servizio di ristorazione. Un sistema di luci enfatizzerà il disegno esistente delle volte, in cui è previsto l’inserimento di nuovi lucernari disposti come una “meridiana” da est a ovest. I materiali usati saranno prevalentemente tradizionali, ma ne verrà enfatizzata la loro assolutezza attraverso dettagli che sanciranno i rapporti tra i pieni e i vuoti, tra gli intonaci e i profili di acciaio, tra l’opaco, il lucido e il trasparente.